“Schopenhauer e Leopardi” di Francesco De Sanctis, letto da Roberto Taioli

LA PRESENZA DI ÈRATO

francesco-de-sanctisIl saggio in questione risale al 1858 e  viene pubblicato da Francesco De Sanctis per la prima volta nella Rivista contemporanea di Torino, anno VI, vol. XV, fasc. 61, pp. 369-408. Il saggio, per stessa ammissione dell’autore, fu scritto a Zurigo . Fu il primo studio su Schopenhauer fatto in Italia.  Il filosofo tedesco lo lesse e ne apprezzò il rigore , nonostante la stroncatura finale della sua filosofia. Lo schema è quello di un a dialogo tra D è (il De Sanctis stesso e A (un suo antico discepolo che viene da Napoli). Il modello letterario si rifà alle Operette morali  di Leopardi, ai dialoghi d Luciano e ai dialoghi platonici. Infatti i due interlocutori si confrontano sostenendo spesso tesi opposte. La parte preponderante  del saggio riguarda la filosofia di Schopenhauer, mentre la riflessione su Leopardi compare nella parte terminale dello scritto.  Essa tuttavia serve per mettere a confronto…

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Narrano le stelle

Narrano le stelle
di una lontana distanza
Narrano queste mie belle
La triste storia di anime combattute
E di sognanti cuori oramai distrutti
Parlano di noi
mio giovane poeta
Dalla mente pia e dall’anima inquieta
Dell’impossibile amore tra noi anime affini

Mi innamoro di te
sempre e per sempre
come se fosse la prima volta
come non sarebbe mai la nostra ultima volta
e questo nostro amore di cui  tanto cantano
Nelle nostre piu intime illusioni esiste
Finchè non ti vedo e non ti tocco
e non ti sento respirare nella mia anima
io non posso amarti come voglio amarti
Finchè non sento sulle fredde labbra
il caldo tepore della tua primavera
Finchè non odo quelle parole che tutto hanno negato
che tutto hanno celato
Nulla rimane se non illusione
Se non vano pensiero, che al seguito
delle buone rondini, ancelle di questa mia stagione,
il vento rincorre leggero

Nulla rimane se non flebile parola
lontana come un eco, accompagnata da disilluse incertezze
e inquiete mente

Odio

Io l’ho incontrato l’Odio
Ho vissuto nella sua ombra
Per anni mi ha tenuto
Sotto il suo mantello
Mi ha narrato dei mali del mondo
Mi ha parlato dei sogni dell’Iracondo
Mi ha spiegato l’Amore e di come
Lui ha sofferto
Perchè troppo simili per stare insieme
Mi ha insegnato a legarmi a chi
Per Amore ha sofferto
Per tentare di alleviare le sue pene
A non giudicare il mio dolore
Ma a condividerlo con la mia anima
Mi ha parlato dei sentimenti e delle
Emozioni e di come essi esplodano inespressi nel cuore mio
E mi ha svelato infine
Che i predestinati a stare insieme          
Infine non son che due facce della
Medesima medaglia.
(Wafaa)

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Attesa

Amante della pioggia
La giovane fanciulla
Al petto il libro poggia
Il segreto dolce culla

Triste e solitaria notturna
Ascolta il battito del cuore
Silenziosa e taciturna
Ascolta le parole di Amore

In attesa rimane dietro
Al velo della fitta nebbia
Oscura anima di vetro
Fragile creatura della rabbia

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(Wafaa)

Solitudo

“Una volta mi sono innamorata
E illusa più volte sono stata
Ho sperato e ardentemente
Io ho desiderato
Ho desiderato di essere amata
E invece mi sono lasciata avvolgere
Ingannevolmente da questa dolce
Ed effimera illusione
Che dalle tue piene labbra ha rubato
L’amor mio, incauta io
Che ho lasciato incostudito nel cuor mio
La stoltezza mi ha appannato gli occhi
E la tua sincerità ben voluta
Ha fatto scender da me
Una calda lacrima che bruciante

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Riga il mio volto di pura
Ed inafferabile solitudine
Oh come vorrei
Che tu m’amassi come unica regina
Del tuo cuore
E invero tu alla fine sei la mia illusione
Dettate dalla tue fatue parole…”